Amo da sempre l’arte e la sua capacità di arricchire l’anima e le emozioni. Ma non è solo questo il “valore” del patrimonio culturale, soprattutto per un Paese come l’Italia che attira ogni anno circa 53 milioni di turisti e che annovera 24 parchi naturali, 3400 musei, 2000 aree e parchi archeologici, 51 siti UNESCO naturali e culturali e 6 elementi iscritti al patrimonio orale e immateriale dell’umanità riconosciuti dall’UNESCO.
Come può tutto questo rappresentare un volano per l’economia del nostro Paese? Ne abbiamo parlato in un convegno in Umanitaria con il Professor Antimo Cesaro, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali e il turismo.
Sembra assurdo che un Paese così ricco di arte e cultura non sappia mettere pienamente a frutto questa grande bellezza. Il nostro patrimonio culturale è il nostro petrolio. È particolarmente interessante soffermarsi su questa analogia proprio pensando a come un paese come gli Emirati Arabi, che attualmente basa la sua ricchezza sull’oro nero, stia ora pensando a degli investimenti in ambito culturale come risposta all’inevitabile scemare delle risorse petrolifere. Si tratta di una visione lungimirante che sa guardare a medio e lungo termine per individuare quali possano esse le capacità attrattive del territorio nei prossimi decenni. Per fare un esempio concreto, il Ministro della Cultura degli Emirati Arabi ha dichiarato che stanno progettando un’isola, sottraendola all’oceano, per dare spazio a vari musei, che avranno collaborazioni eccellenti con il Louvre e il Guggenheim, e altri che saranno dedicati alla storia nazionale. Questo significa avere una visione di insieme e una strategia, significa essere consapevoli delle proprie potenzialità a livello infrastrutturale e saperle sfruttare per il proprio futuro.
Certamente noi abbiamo il Colosseo, Pompei e la Valle dei Templi quindi è tutto diverso. O forse no? La grande lezione che dovremmo acquisire, con umiltà ma anche con tantissimo orgoglio e amore per la nostra storia e il nostro patrimonio artistico, è proprio la capacità di non dare per scontato quanto abbiamo, ma di saperlo valorizzare con grandi progetti e strategie anche a lungo raggio. Il “Ferrari World” costruito nel deserto è sicuramente ben altra cosa da Pompei, ma se si raffrontano i dati sul flusso di visitatori dell’uno e dell’altro la “distanza” si assottiglia. Pompei, uno dei siti archeologici più importanti al mondo, ha sfiorato infatti i 3 milioni di visitatori nel 2015, ma il Direttore del “Ferrari World” ha confermato che ogni hanno il parco a tema raggiunge la ragguardevole cifra di 1 milione 200 mila visitatori.
Al di là del fascino e dell’attaccamento anche sentimentale alle ricchezze artistiche italiane, ora è il momento di iniziare ad affrontare la valorizzazione del nostro patrimonio artistico considerandolo come asset strategico dello sviluppo economico della nostra economia. Non è ovviamente solo una questione di mero valore delle opere e dei monumenti, spesso davvero di valore inestimabile, ma di prendere coscienza con responsabilità delle nostre ricchezze e metterne a frutto le potenzialità, creando un circolo virtuoso per il territorio e il tessuto sociale che le ospita. Non si tratta infatti di considerare una singola opera o un singolo museo: le nostre collezioni esistono all’interno di edifici per lo più monumentali, i quali a loro volta sono inseriti in un tessuto urbano straordinario, cioè ci sono tre cerchi concentrici che rappresentano delle unicità. C’è un tessuto urbano, c’è un museo e all’interno c’è una collezione. Questo è l’enorme valore aggiunto del nostro patrimonio culturale, un unicum a livello mondiale. Per valorizzare il patrimonio artistico bisogna quindi valorizzare ciò che lo circonda e creare le necessarie infrastrutture ed adeguati servizi. Per fare un esempio, la Reggia di Caserta, che attualmente conta 400.000 visitatori, ha l’obiettivo di arrivare entro il 2018 a 1.000.000 di visitatori. Per fare questo occorrono parcheggi, interventi per il decoro urbano, posti letto in albergo, servizi igienici. Non basta concentrarsi sul bene artistico in questione, ma occorre fare un’analisi del territorio e delle infrastrutture di servizio necessarie, altrimenti, paradossalmente, può essere controproducente valorizzare un sito a prescindere dal contesto nel quale esso esiste.
Scommettere sul futuro significa per il Governo dedicare risorse anche in tempi di difficoltà per la finanza pubblica in maniera non contingente ma strategica.
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